Chiesa Santa Maria del Popolo

MADONNA COL BAMBINO:

altorilievo in marmo d’alabastro posto fino a febbraio 2005 sulla facciata principale della chiesa ed attualmente situato all’interno della chiesa sulla destra appena si entra; reca in basso iscrizione, completata, secondo gli esperti, successivamente con la data 1416 erronea. L’opera sarebbe, infatti, di fattura fine-metà XVI secolo, avvicinabile alle sculture dell’artista Rinaldo Bonanno che si formò alla scuola del fiorentino G.A. Montorsoli.

Iscrizione:

HOC OPUS FACTUM FUIT P.

DEVOCONE DONNI PASCASIY

HECTOREI AD HONORE DEI

SUE Q. SANCTISIME MATRIS

ET VOCATUR H MARIA AN. D. 1416

VISITAZIONE:

dipinto olio su tela (cm 200×150) situato nella navata sinistra della chiesa; databile intorno alla I/a metà del XVIII secolo, è opera di G.Battista Lama discepolo di Luca Giordano e di Paolo De Matteis. Raffigura la visitazione di Maria Vergine a S.Elisabetta; alle loro spalle S.Giuseppe, S.Gioacchino e una terza figura non identificata. L’opera è stata restaurata nel 1981(?) a cura della soprintendenza di Cosenza.

ASSUNZIONE della Vergine Maria:

dietro l’altare centrale; imponente dipinto olio su tela (cm 210×400) raffigurante l’Assunzione di Maria Vergine in cielo, tra uno stuolo di angeli musicanti; sotto, il sepolcro rimasto vuoto. L’opera, fino a poco tempo fa era stata datata tra la fine del XVI e la I/a meta del XVII secolo e attribuita a ignoto pittore meridionale di scuola spagnola, secondo gli studi del prof. Mario Panarello dell’Accademia delle Belle Arti di Lecce, che l’ha illustrata dal punto di vista storico-artistico durante la sua presentazione alla comunità di Belvedere subito dopo il restauro (nov 2022 – mar 2023), è attribuibile a pittore calabrese del XVII secolo. Gli studi saranno resi noti sulla rivista Esperide (rivistaesperide.it). Cornice lignea dipinta e dorata.

CIRCONCISIONE DI GESU’ BAMBINO:

olio su tela, opera di ignoto pittore dell’Italia meridionale del secolo XVII.

Gruppo scultoreo "La Pietà"

A fianco “LA PIETA'” gruppo scultoreo in legno di ciliegio del secolo XVIII, opera di ignoto scultore meridionale.

Appena restaurata (la foto, tratta dalla cartolina distribuita alla fine della sua presentazione al pubblico, è stata scattata a settembre 2013, subito dopo il recente restauro durato circa un anno) da Antonio Adduci di Grisolia CS, la statuta raffigura la nota icona della Pietà con l’aggiunta di una croce posizionata alle spalle della Madonna.

Questo particolare della croce, inusuale nelle raffigurazioni di questo tema religioso, fa pensare all’utilizzo della statua nella processione del Venerdì Santo. (*)

E questo spiegherebbe anche il perché della sua conservazione all’interno di un armadio (e non, invece, collocata in una cappella o altare proprio) vetrato su tre lati: la statua, alla fine della processione, veniva conservata nell’armadio (fino a qualche anno fa posizionato, a sua volta, nella cappella laterale a sinistra del presbiterio) fino al Venerdì Santo seguente.

Come data di suo ultimo utilizzo nella predetta processione si può ipotizzare il 1872 (o 1860) e questo spiegherebbe il perché oggi nessuno più se lo ricorda.

A lato, particolare del volto della Madonna.

(La foto è tratta dal depliant stampato in occasione della presentazione della statua subito dopo il restauro, avvenuta il 05/10/2013 nella chiesa Santa Maria del Popolo.)

(*): cinque motivi a favore dell’utilizzo della statua della Pietà nella processione del Venerdì Santo:

1. La presenza della croce alle spalle della scultura

2. La mancanza di altare, nicchia o cappella propria

3. La collocazione “temporanea” in armadio come avviene per altre statue portate in processione il venerdì santo

4. La notizia storica del 1872 in cui viene vietata la pratica dei Vattìnti (la Pietà incarna in maniera molto forte lo strazio della sofferenza umana)

5. Corollario del punto 4: la statua non è stata più portata in processione a causa della sua pensantezza o deterioramento o danneggiamento

ALTRE OPERE

ACQUASANTIERA: in marmo bianco, opera di ignoto marmoraro calabrese del sec. XVII

ALTARE MAGGIORE: in marmo bianco con tarsie di marmi policromi, opera di ignoto marmoraro calabrese; l’opera è datata 1779 e restaurata nel 1818

CONFESSIONALI: in legno di noce, opera di intagliatori locali del XVIII secolo

STATUA MADONNA DEL CARMELO: in legno, opera del secolo XVIII

CORO: (dietro l’altare maggiore) in legno, costituito da 15 stalli, opera di ignoti intagliatori calabresi del XVIII secolo

PULPITO: in noce, opera di ignoti intagliatori calabresi, è datato 1742

Una piccola croce sul sagrato della Chiesa Madre, oggi non più esistente

Piazza Amellino e croce esterna S.Maria3_V.1

foto 1

foto 2

Nella Foto 1, scattata tra il 1953 e il 1960, si vede, cerchiata di rosso, la croce oggetto della presente breve ricerca e, nella Foto 2, scattata nel 2009, il suo basamento superstite.

I pochi resti della croce, che ormai, anno dopo anno, perdeva un pezzo, sono stati rimossi definitivamente negli anni ’80-’90 del XX secolo.

Fino agli anni ’80, comunque – è un ricordo personale – era ancora intatta.

 

Quando e perché è stata collocata in quel luogo (che indicheremo con “ultima o definitiva collocazione”)?

La data esatta in cui è stata collocata lì non è possibile stabilirla con sicurezza, ma possiamo dire che la croce, molto probabilmente, risale al XVIII secolo (come vedremo più avanti) e che è stata posizionata in quel punto, dove è rimasta fino agli anni ’80-’90, nella prima metà del XX secolo .(1)

 

Purtroppo non sappiamo cosa sia accaduto nei primi anni del ‘900, che è la data probabile della sua collocazione “definitiva”, e cioè se ciò sia avvenuto qualche decennio prima dell’Anno Santo del 1950 oppure negli anni immediatamente dopo, in occasione dei lavori di restauro della chiesa Madre, eseguiti tra il 1950 e il 1952-53.

 

Le fattezze del basamento e la sua attuale collocazione, comunque, ci fanno pensare che risale alla data dell’ultimo posizionamento della croce e che fu appositamente costruito per tale scopo, mentre la croce risalirebbe, come già detto, al XVIII secolo, sia per la sua funzione (di cui diremo fra poco) sia perché “già negli anni ’70 si trovava in uno stato di forte corrosione.

 

Un ulteriore aiuto, per stabilire la data della sua ultima collocazione, ci viene dalle foto seguenti.

 

Piazza G. Amellino_Ed.Fratelli Orsini_particolare

foto 3

Piazza Amellino e croce esterna S.Maria_V.2_particolare

foto 4

In queste foto, infatti, in cui in entrambe si vede la croce, notiamo due particolari interessanti:

1) la presenza del vecchio campanile, demolito intorno al 1956

2) la propaganda elettorale “Antoniozzi” (nella foto 4) (2) e la sua assenza (foto 3) che permette di datare la foto 4 al 1953-56  e la foto 3 al 1950-52.

Queste foto, dunque, vanno a confermare ciò che si è detto prima e cioè che la croce sia stata collocata nella sua ultima posizione o nel 1950/52 oppure qualche decennio prima.

Ma le domande più interessanti sono: perché la croce era stata messa lì ?    è stata sempre lì oppure prima si trovava in un altro posto ?

Oggi nessuno ricorda il motivo della sua presenza e il suo scopo, ma fortunatamente possiamo dedurlo dalla Platea della chiesa Madre, redatta nel 1728:

in quell’area, accanto alla chiesa, c’era un “Cimiterio”, un ossario cimiteriale e quella croce indicava proprio la presenza del cimitero.

La Platea, infatti, riferisce che il Rettore dell’epoca, don Gerolamo Petrellis, “…voleva principiare a fabbricare il Campanile nuovo…e propose (come luogo quello) ove l’hodierno Arciprete Granati ha fatto il Cimiterio (e cioè) a latere dell’Astraco di detta Chiesa verso occidente…”.

Il campanile, poi, non si fece perché il Rettore voleva costruirlo al posto del cimitero, mentre l’Arciprete voleva rifare e ampliare il cimitero e solo successivamente costruirci sopra il campanile.

La croce, dunque, risale al XVIII secolo e contrassegnava la presenza del cimitero.

Nella prima metà del XX secolo, poi, quando il cimitero venne definitivamente smantellato, qualcuno decise di conservarla e lasciarla sul posto, per rispetto alla memoria del luogo, non immaginando mai che poco più di cinquant’anni dopo se ne sarebbe perduta memoria.

Per quanto riguarda, invece, il suo posizionamento originario è difficile stabilirlo, anche se non era molto lontana dal punto della sua ultima collocazione.

Stava a indicare, come già detto, la presenza del “Cimiterio” che molto probabilmente si trovava sul lato destro della chiesa, addossato alla sua navata di destra in corrispondenza dell’ingresso, dove, fino ai primi anni del 2000, si poteva accedere attraverso un cancello in ferro. Aprendo il cancello si entrava in un’area che non aveva protezioni laterali e che, specialmente sul lato di destra sporgente a picco sulla piazza sottostante, era molto pericolosa.

Nel luogo dove c’era il cimitero possiamo ragionevolmente pensare che sorgesse il vecchio campanile: “V’era anticamente il campanile formato secondo la tradizione havuta da D’Ippolito Petrelly ed altri Antichi, il quale stava situato nell’Astraco di detta Chiesa fra l’ala verso scirocco e la casa delli di Perez, il quale fu accomodato e vi spesero ducati 60 incirca con farci una mazza, poi perché era antico e a causa del terremoto nuovamente si aprì e lo rendè cadente, tanto che si fece smantellare, e sfabbricare per apportar maggiormente danno”.  (3)

Si tratta del primo campanile della chiesa, risalente quindi al XVI-XVII secolo, che venne danneggiato dal terremoto nei primi anni del 1700  (4), e subito dopo demolito.

È probabile che già nel XVI-XVII secolo il cimitero o comunque il suo primo nucleo, si trovava alla base del campanile, anche se dalla diversità di visioni sulla sua ricostruzione da parte del Rettore e dell’Arciprete, del 1720-28, sopra riportata, si evincerebbe che il cimitero sia stato attivato sui resti del demolito campanile qualche anno prima del 1728, l’anno di redazione della Platea (“…ove l’hodierno Arciprete Granati ha fatto il Cimiterio…).

Il Rettore, infatti, voleva riscostruire il campanile probabilmente nello stesso posto di quello demolito ma voleva, mettere fine alla funzione del cimitero, mentre l’Arciprete era contrario alla sua chiusura definitiva e favorevole alla ricostruzione del campanile, lasciando alla sua base il cimitero.

L’Arciprete con questa sua idea voleva ripristinare lo status quo ante demolizione del 1700-1705  oppure voleva preservare ciò che aveva realizzato da pochi anni?

Pubblicato il 25/04/2024

 

(1): Ipotesi, non esistono documenti o testimonianze che possano confermarlo

(2): La prima elezione dell’onorevole Dario Antoniozzi è del 1953

(3): Platea della chiesa Madre, 1728

(4): “Belloviderii”, Cono Araugio, 2006