La marcia funebre JONE

La marcia funebre “Jone” che tutti noi belvederesi conosciamo (ma è conosciuta e ancora oggi eseguita in molti paesi del sud Italia) è tratta dall’omonima opera scritta nel 1858 dal compositore Errico Petrella (Palermo 10 dicembre 1813 – Genova 1877).

Considerato il maggior operista italiano, dopo Giuseppe Verdi, scrisse in tutto 25 opere tra le quali ebbero molto successo “I pirati spagnoli” del 1838, “Il carnevale di Venezia” 1850, “Elnava o L’assedio di Leida” 1852, “La contessa di Amalfi” 1864, “I promessi sposi” 1869, “Manfredo” 1872, “Bianca Orsini” l’ultima sua opera scritta nel 1875.

Per avere un’idea della celebrità di Errico Petrella basterà sapere che per l’opera “Elnava” il San Carlo di Napoli e la Scala di Milano finirono in tribunale per contendersi il diritto a mettere in scena la prima rappresentazione assoluta.

Errico Petrella in una foto del 1855

(tratta dal sito archiviteatro.napolibeniculturali.it)

L’opera “Jone”, dramma lirico in quattro atti di Giovanni Peruzzini, fu rappresentata per la prima volta il 26 gennaio 1858 alla Scala di Milano, dove ebbe molto successo.

Basata sul libro “Gli ultimi giorni di Pompei” di Bulwer Lytton, la storia racconta del giovane Glaudo ricco ateniese che ama la connazionale Jone, sacerdotessa di Iside, dalla quale è ricambiato. Glauco salva la schiava cieca Nidia dal mago egizio Arbace che giura di vendicarsi. Arbace uccide il fratello di Jone e fa bere a Glauco una pozione che lo rende pazzo e quindi lo accusa dell’assassinio. Glauco viene condannato a essere sbranato dai leoni mentre Jone viene rinchiusa in casa di Arbace. Nidia interviene pugnalando Arbace mentre all’arena la folla è in delirio perché i leoni sembrano rifiutarsi di sbranare la vittima innocente. Improvvisamente il Vesuvio erutta; nella città sconvolta e oscurata, Nidia riesce a guidare Glauco e Jone fino alla nave che li porterà in salvo, quindi si getta in mare perché anche lei, in segreto, ama Glauco. La scena si conclude con Glauco e Jone che corrono abbracciati verso il mare.

(Notizie tratte dai siti www.processionemisteritp.it, www.operatoday.com, delteatro.it)

Il libretto dell’opera Jone

(edizione Ricordi)

Per ascoltare la marcia funebre JONE, in una esecuzione della Banda Musicale di Belvedere Marittimo registrata nel 1979, clicca su play

Proponiamo, ora, quattro brani tratti dall’opera Jone di Errico Petrella eseguiti il 30 gennaio 1981 dall’Orchestra Municipale di Caracas, diretta dal maestro Edoardo Muller, nell’omonimo Teatro.

Per ciascun brano sono riportati anche i versi cantati tratti dal libretto dell’opera scritto da Giovanni Peruzzini e pubblicato dalle Edizioni Ricordi.

I primi tre brani riguardano la marcia funebre nella sua struttura generale dalla quale è stata tratta la marcia funebre Jone eseguita dalla banda musicale “S.Cecilia” di Belvedere e da altre bande del meridione.

Il quarto brano, invece, viene pubblicato perché rappresenta il tema sul quale è stato elaborato il motivo della parte finale (quello che tecnicamente viene chiamato “trio”) della marcia funebre eseguita dalla banda di Belvedere, una caratteristica che – unita alla particolare lentezza con cui viene suonata – distingue l’esecuzione fatta dalla nostra banda da quella delle altre bande.

E’ importante evidenziare, infine, che la musica di questo brano finale, così come eseguito dalla banda di Belvedere, è stato scritto, molto probabilmente, dal maestro Giovanni Polignani che ha fondato la banda belvederese intorno al 1880.

Buon ascolto! 

 

BRANO N.1: Scena prima dell’atto quarto.

“Al suono di funebre marcia, preceduto e seguito da soldati, da guardie, ecc., e circondato da littori, Glauco attraversa la scena dirigendosi verso l’Anfiteatro…” di Pompei.

Glauco, ricordiamo, accusato ingiustamente di aver ucciso il fratello di Jone, è stato condannato ad essere sbranato dai leoni.

 

Burbo: Udite, squillan le trombe! Ecco il ferale corteo, s’appressa.

Popolano:

– I°: E’ lui!

– II°: Pallor mortale sul volto egli ha, ma il piede franco e sicuro incede.

BRANO N.2:  Scena seconda dell’atto quarto.

Glauco “s’incammina al Circo: dopo il corteggio, v’entrano i popolani con Burbo, mormorando fra loro…”.

 

Burbo: Andiam: (se n’esco incolume, Miracolo è davver!).

BRANO N.3:  Scena quarta dell’atto quarto.

Giungono Jone e Arbace.

 

(squillo di trombe dal Circo)

Jone: Ah! (con grido disperato)

Arbace: Tremar ti veggo!… impreca a me ancor nell’ira estrema.

Jone: Dei, pietà!

Arbace: Di me tu pria l’abbi o Jone… Sarai mia? Deh, cedi… hai tempo ancora… Sarai mia?… rispondi…

Jone: No!… No!…

Arbace: Il volesti… ebben, ch’ei mora! Vendicato almen sarò!

 

BRANO N.4:  Scena seconda dell’atto quarto (già descritta nel brano n.1).

 

Glauco: O Jone! – O Jone di quest’anima

Desìo supremo e santo,

Non è il morir, ma il perderti

Che m’addolora or tanto.

Ah! di me priva, o misera,

Qual più ti resta aita?

Lunga agonia di spasimi

Per te sarà la vita…

Ma no! – conforto siati

La mia memoria, o cara;

D’amor eterna un’ara

Per noi l’Eliso avrà.

O Jone in terra,

Il tuo Glauco addio ti dà!

O Jone mia, in terra

L’ultimo addio, il tuo Galuco

Ti dà!