San Daniele da Belvedere

IN SINTESI

Daniele Fasanella, santo, nacque a Belvedere Marittimo (CS -Italia) nella II/a metà del XII sec. e morì – decapitato – a Ceuta (oggi enclave spagnola in Marocco) il 13 ottobre 1227. Dell’ordine monastico dei Frati Minori, fondò il convento di S.Maria del Soccorso (Rogliano CS) e di Gerace Superiore (RC).

Fu ministro provinciale del suo ordine religioso; venne canonizzato da papa Leone X il 22 febbraio 1516.

LA VITA

Secondo quanto riferisce lo storico locale Vincenzo Nocito, sulla vita e sul martirio di Daniele Fasanella esistono almeno 4 importantissimi documenti:

1) relazione, scritta da frate Mariano da Genova e trasmessa da Ceuta (la città in cui avvenne il martirio) al vicario generale dell’ordine dei Minori Padre Elia, il 27 ottobre 1227;

2) codice del secolo XIII conservato nella biblioteca Laurenziana di Firenze e pubblicato a Parigi nel 1924 sul giornale La France Franciscaine;

3) appendice alla Cronaca XXIV dei Ministri Generali pubblicata dal Collegio di S.Bonaventura in Quaracchi (FI) alle pagine 613-616;

4) manoscritto compilato da un fiorentino e conservato nell’archivio del Cenobio dei Riformati in San Marco Argentano (CS).

Sulla nascita e sulla giovinezza di Daniela Fasanella, non abbiamo alcuna notizia. Lo storico Vincenzo Nocito attesta che “…di nobile stirpe egli discese, poiché la famiglia Fasanella per molti secoli posteriori mantenne il lustro e il decoro del proprio casato, come rilevasi dagli atti pubblici e dai registri notarili di quell’epoca nonché dagli antichi catasti conservati nell’archivio comunale (di Belvedere)”.

Sulla famiglia Fasanella, troviamo maggiori notizie in una monografia del prof. Umberto Iaconangelo, secondo il quale questa famiglia prese il nome dalla signoria di Fasanella, avuta nel sec. XI, e da Tancredi Fasanella, signore di Morano, Grisolia, Laino e Cirella, discese il ramo stabilitosi a Belvedere.

San Daniele prima di diventare frate era sacerdote. Ricevette l’abito monastico dei Frati Minori, nella città di Agropoli (SA) nel 1219, “…da padre Francesco de’ Moriconi d’Assisi…” (San Francesco) che da appena dieci anni aveva fondato quest’ ordine religioso.

Compì per cinque anni il noviziato presso il convento di Corigliano Calabro e nel 1224 fondò il convento di S.Maria del Soccorso nella località detta il Lago (distante circa un miglio da S.Stefano in Mangone – Rogliano CS), dove dimorò due anni. In questi anni fondò anche un altro convento: quello di Gerace Superiore (RC). Eletto Ministro Provinciale della Calabria nel 1226, organizzò una missione in Africa con altri 6 frati francescani della provincia di Cosenza: Nicola Abenante e Leone Somma di Corigliano C., Ugolino di Cerisano, Angelo Tancredi, Samuele Iannitelli e Donnulo Rinaldi di Castrovillari.

I 7 frati si imbarcarono presso il lido di Belvedere su una nave diretta a Livorno.

Si narra che prima di partire Daniele fece scaturire acqua potabile nei pressi della riva del mare affinché la nave se ne potesse abbondantemente rifornire per il viaggio.

L’episodio è riferito dallo storico Giovanni Fiore in una sua opera del 1691, il quale aggiunge che: “…cangiata (l’acqua) in Fonte perenne, oggi giorno la dura col nome d’Acqua di S.Daniele”.

Si narra, altresì, che su uno degli scogli, oggi chiamati “scogli oremus”, rimase impressa l’orma del piede del Santo.

Giunti a Livorno, raggiunsero Firenze, nel dicembre del 1226, dove li accolse il ministro generale dei Minori, padre Elia. Qui rimasero fino alla primavera dell’anno successivo, poi, dopo essere sbarcati a Barcellona, si recarono a Tarragona (Spagna), dove attesero la partenza di una nave diretta in Africa. Il 26 settembre 1227 Daniele, Angelo e Leone, giunsero a Ceuta (dal 1580 enclave spagnola situata nel territorio del Marocco); otto giorni dopo giunsero anche gli altri 4 frati. Poiché i cristiani non potevano entrare in città senza uno speciale permesso, i 7 frati vi si introdussero di nascosto, domenica 5 ottobre, alle prime luci dell’alba.

Così padre Mariano da Genova, racconta l’inizio della loro predicazione e il loro immediato arresto: “Compiute queste cose (cioè la confessione reciproca e la celebrazione della S.Messa), non ostante le nostre opposizioni entrarono in città, tenendo ciascuno in una mano il crocifisso e con voce franca e ardita van dicendo che solo Cristo è il salvatore del mondo e la legge maomettana mena all’inferno. Ma il popolo all’udir quelle offese al loro profeta, infuriato, li percosse oltraggiandoli e svillaneggiandoli. E quelli tutto sopportavano con animo lieto per amore di Cristo. Finalmente vengono condotti innanzi al re, il quale vedendoli intrepidi e parlar con fervore ed in tuono d’alterigia, li prese per pazzi. Per la qual cosa comandò che fossero messi in carcere, ove stettero per otto giorni, privi di cibo”.

Ricondotti dinanzi al giudice venne loro intimato di abiurare la propria fede e di rinnegare ciò che avevano predicato: al loro risoluto rifiuto, seguì la condanna a morte.

Dopo essere stati denudati, legati e percossi, furono decapitati. Era il 13 ottobre dell’anno 1227. I loro corpi furono tagliati a pezzi e trascinati per le vie della città. Calmato il furore del popolo i mercanti genovesi, pisani e marsigliesi li raccolsero di notte e li seppellirono nel sobborgo di Ceuta.

Daniele Fasanella e compagni furono canonizzati il 22 febbraio del 1516 da papa Leone X.

Nel 1612 giunsero a Belvedere, mandati dalla città di Paola, “…la statua e reliquia del santo martire e due altre reliquie e statue di due altri santi…”

NOTIZIE STORICHE TRATTE DAL SITO: www.santiebeati.it

Sulle ultime vicende di questi missionari francescani, si possiedono due relazioni che dall’esame del testo sembrano contemporanee agli avvenimenti. Molti critici, però, non ritengono coeva la lettera di un certo Mariano da Genova che avrebbe scritto a frate Elia per informarlo sulla sorte gloriosa dei missionari. Questo documento non sarebbe stato composto pochi giorni dopo il martirio, come afferma il compilatore. bensì nel sec. XVI-XVII. Sette francescani al principio del 1227 (dirigeva allora l’Ordine frate Elia) fecero vela dalla Toscana per la Spagna con l’intenzione di recarsi successivamente nel Marocco per convertire gli infedeli; erano gli anni dei grandi entusiasmi missionari del giovane Ordine Francescano. A capo del gruppo era Daniele, originario di Belvedere in Calabria e già provinciale della medesima regione, mentre gli altri si chiamavano Samuele, Angelo, Domno (o Donulo) di Montalcino, Leone, Niccolò di Sassoferrato e Ugolino. Dopo una breve permanenza in terra di Spagna, in due scaglioni a breve distanza l’uno dall’altro, si trasferirono a Ceuta nel Marocco. Era un atto veramente coraggioso, perché le autorità locali avevano proibito nella zona ogni forma di propaganda cristiana. Svolsero per qualche tempo un’attività presso i numerosi mercanti di Pisa, Genova e Marsiglia che risiedevano nella città, poi, ai primi dell’ottobre 1227, decisero di iniziare la predicazione in mezzo ai musulmani. Nelle strade di Ceuta, parlando in latino e in italiano (non conoscendo la lingua locale), annunziarono Cristo, bollando con roventi parole la religione di Maometto. Le autorità ordinarono la loro cattura: i missionari, dopo essere stati sottoposti a vari interrogatori, furono inviati ad abbracciare l’Islam e poi, di fronte alla loro mirabile costanza, vennero decapitati. I loro corpi furono straziati; tuttavia, i mercanti cristiani occidentali recuperarono i miseri resti e li seppellirono nei sobborghi di Ceuta. In seguito, le ossa furono trasferite in Spagna, ma oggi non si sa con precisione ove siano venerate, quantunque città della Spagna, del Portogallo e dell’Italia vantino il possesso di qualche reliquia. Leone X, con decreto del 22 gennaio 1516, ne permise il culto per il 13 ottobre.

Autore: Gian Domenico Gordini

notizie tratte dal sito www.santiebeati.it

ALTRE NOTIZIE TRATTE DAL SITO: www.calabriaecclesia2000.it

 

SAN DANIELE DA BELVEDERE

San Daniele da Belvedere fu un missionario dell’Ordine di San Francesco d’Assisi. San Daniele fu alla guida della missione in Africa nella quale egli e altri dieci frati, tra cui San Ugolino da Cerisano, persero la vita. Essi sono i cosiddetti martiri di Ceuta. Daniele faceva parte dell’Ordine del quale era a capo Padre Pietro Cathin, il quale decise di inviarlo a Corigliano, dove Daniele diede inizio alla sua missione insieme ad altri due frati. Dopo un certo periodo di tempo gli fu ordinato di fondare un nuovo convento, chiamato Santa Maria del Soccorso, nella zona di Lago, in provincia di Cosenza. Qui c’era un bosco, distante circa un miglio da Santo Stefano in Mangone, ed in questa solitudine, con altri tre frati, Daniele diede inizio alla sua opera. Era, pare, l’anno 1224.

Ma l’anno che riveste particolare importanza è il 1226. Quando Daniele sentì l’esigenza di effettuare una missione nei luoghi in cui la fede cristiana era del tutto ignorata. Pensò, perciò, ad una missione di evangelizzazione in Africa. Questa aspirazione lo unì a San Ugolino da Cerisano, Samuele, Angelo e Donnolo di Castrovillari, Leone e Nicola di Corigliano. Partiti da Belvedere, dopo una puntata in Toscana, per ricevere la benedizione del Frate Elia, i frati arrivarono a Terragona, un porto molto importante dell’epoca, e da qui si imbarcarono per Ceuta. Nella città vi vivevano molti cristiani, soprattutto mercanti, che, in quei luoghi di commercio, avevano trovato la possibilità di vivere degnamente. A loro, però, non era consentito vivere nella città, in cui potevano entrare solo attraverso un’autorizzazione governativa, e abitavano un quartiere denominato “Granaio”. A quel tempo governava un certo Arleardo, noto per la sua crudeltà e paladino convinto del credo musulmano.

Era il 30 settembre dell’anno 1227, giovedì, quando i frati si preparano ad affrontare l’opera di predicazione del credo cristiano. La domenica la missione iniziò. Dopo aver rischiato di essere massacrati dalla folla, i frati furono portati al cospetto del governatore, il quale era convinto che facilmente avrebbe ottenuto la loro abiura al cristianesimo. Fu Daniele a parlare per tutti e a rispondere con grande decisione. Di fronte al loro rifiuto, il governatore ordinò che Daniele i suoi fratelli fossero incarcerati. La loro fede esasperò tanto Arleardo da spingerlo ad ordinarne la decapitazione.

Il martirio avvenne il 10 ottobre dell’anno 1227.

SAN DANIELE E LA DATA DEL SUO MARTIRIO

A distanza di 790 anni, ancora vi sono dei dubbi sul giorno del martirio dei 7 frati francescani avvenuto a Ceuta. E non può essere altrimenti. Io credo che sia difficile avere la certezza di una data precisa, potrebbe essere errato anche l’anno (tant’e’ che alcuni fanno risalire la sua morte al 10 ottobre del 1221). Potrebbe anche essere che i 7 martiri siano stati uccisi, ad esempio, a maggio. Nel 1224 o nel 1226. E’ inutile affannarsi per stabilire una data certa perche’ sarà molto difficile che ciò avvenga. E allora? Bisogna fare una scelta. Ho già avuto modo, in altre occasioni, di dire come la penso al riguardo delle date e degli eventi storici. Lo ripeto ancora una volta. Io sono contro i ragionamenti filosofici che tendono a stabilire la data di un evento o l’evento stesso, senza il supporto di documentazione storica certa e concreta. Io ho fatto una scelta e sono per il 13 ottobre del 1227, come testimoniato da frate Mariano da Genova, testimone oculare, in una sua lettera riportata negli “Acta Sanctorum Octobris”, VI, pag.385-386.

Sono per questa data anche perchè la cronologia delle date, che frate Mariano riporta, è dettagliata:

26 settembre 1227 arrivo dei primi tre frati; sabato 4 ottobre, cioè otto giorni dopo, giungono anche gli altri quattro; domenica 5 ottobre entrano in città e vengono arrestati; rimangono in carcere per otto giorni, cioè fino al 13 ottobre, quando vengono decapitati. La lettera scritta da frate Mariano è datata 27 ottobre 1227.

Non mancano dubbi sull’autenticità di questo documento, ma le critiche mosse sono solo “filosofiche” e non mi convincono.

Altri fanno risalire la data della decapitazione al 10 ottobre 1227 (“Passio sanctorum fratrum”),

Anche la “Passio septem fratrum minorum” del secolo XIII indica il 10 ottobre 1227 come data del martirio.

 

A chi volesse approfondire l’argomento si consiglia il libro “I Martiri di Ceuta” di Ippolito Fortino, scritto nel 2005.

(Pubblicato sulla pagina delle novità il 10 ottobre 2017)

“Martirio dei Francescani a Ceuta” (1331), Ambrogio Lorenzetti, Chiesa di San Francesco a Siena

S. Daniele e i Martiri di Ceuta nel panorama d’arte classica italiana
di Carlo Andreoli

Compilare un repertorio, sia pure esauriente ma non certo completo, che si proponga d’illustrare la presenza di S. Daniele e dei Martiri di Ceuta nel panorama d’arte classica italiana, mi sembra insieme utile ed alquanto dilettevole.

Utile perché permette di raccogliere, in un’unica visione, il modo in cui il martirio di S. Daniele e dei suoi confratelli sia stato interpretato, nel tempo, da artisti d’ogni luogo e d’ogni levatura.

Dilettevole perché, nel ricapitolare la vicenda umana di S. Daniele e dei Martiri di Ceuta nell’arte, si riassapora quasi il clima di confidenza spirituale che il Santo di Belvedere ha saputo infondere in tanti artisti emeriti ed in comunità lontane dal suo luogo d’origine; ribadendo come l’arte possa essere veicolo di fede e di bellezza.

L’elenco osserva un ordine di tempo ed espunge, com’è ovvio, le non poche immagini del Santo e dei Martiri di Ceuta che fanno parte solo del culto di devozione popolare: pur sempre rispettabile ma estraneo ad ogni fine d’arte.

Padova – Basilica di S. Antonio

Martirio dei frati francescani a Ceuta (1300-1310)

Bottega di Giotto

La prima affermazione nell’arte della figura di S. Daniele e dei Martiri di Ceuta porta la firma nobilissima della Bottega di Giotto. Posto nella Sala del Capitolo della Basilica del Santo a Padova, il dipinto, per quanto assai consunto, reca traccia indelebile della plastica sublime della scuola di Giotto.

Siena – Basilica di S. Francesco

Martirio dei frati francescani a Ceuta (1335-40)

Ambrogio Lorenzetti

Del grande maestro della pittura senese del Trecento, si segnala questo affresco nella Basilica di S. Francesco a Siena.

Censito nell’archivio della Fondazione Zeri col titolo specifico di “Martirio dei frati francescani a Ceuta”, si trova citato invero presso altro autore col titolo diverso di “Martirio dei Francescani in Oriente”. 

E l’iconografia, sontuosa e suggestiva, del sultano che assiste da una loggia cuspidata al martirio dei frati francescani, farebbe forse propendere per quest’altra ipotesi.

Trattandosi, in tal caso, d’una vicenda quasi analoga al Martirio di Ceuta: vissuta poco tempo prima, nel 1220, e pure in terra di Marocco, dai cosiddetti Protomartiri Francescani.

E proprio questa ricorrente analogia di tempo, luogo e circostanze ha generato nel passato, e genera tuttora, qualche titubanza nell’esatta attribuzione del soggetto di dipinti come questo.

Firenze – Galleria dell’Accademia

Martirio dei francescani a Ceuta (1335-40)

Taddeo Gaddi 

Si tratta di una formella dell’armadio che si trovava, un tempo, nella sagrestia della chiesa di S. Croce a Firenze.

L’armadio, che fungeva forse da custodia di reliquie, aveva sulle ante una serie di 28 dipinti a tempera su tavola, impreziositi da un fondo d’oro. 

Esse riproducevano, in assetto speculare, le “Storie di Gesù” e le “Storie di S. Francesco”, di cui fa parte pure questo “Martirio dei francescani a Ceuta”.

Smembrate nel 1810, le formelle furono prima trasferite nel Convento di S. Marco, per poi passare quasi tutte nell’attuale collocazione presso la Galleria dell’Accademia di Firenze.

Taddeo Gaddi, che viene ricordato dal Vasari come il discepolo prediletto di Giotto, disegna uno scenario concitato della strage; su cui aleggia lo spirito benefico del Serafico d’Assisi, che commuta il martirio in vera opera di fede.

Mercato antiquario – Parigi

Martirio dei frati francescani a Ceuta (II metà del ‘400)

Angelo Antonelli da Capua

Nel mercato antiquario di Parigi è passata questa tela, di grande qualità, che reca a titolo “Martirio dei frati francescani a Ceuta”. 

Essa forma il verso di uno stendardo ed è stata assegnata ad Angelo Antonelli da Capua: un pittore assai prezioso e ancora avvolto, in buona parte, nel mistero, che operò in Campania intorno alla seconda metà del ‘400.

La scena ha un impianto formale molto sorvegliato, col sultano ed il carnefice, posti in primo piano di profilo, che formano, coi rispettivi emblemi di potere e di morte (lo scettro e la spada), una cuspide virtuale sotto la quale i martiri attendono impassibili la morte.

Vale pure per questo dipinto il margine di dubbio relativo alla reale identità dei soggetti presentati; potendosi trattare ancora dei Protomartiri Francescani, anziché dei Martiri di Ceuta, come pure vuole il titolo imposto al dipinto.

Catanzaro – Convento S. Antonio 

I sette martiri francescani 

(metà del ‘500)

Pietro Negroni

Del maestro calabrese Pietro Negroni – che risente a Napoli la maniera di Polidoro da Caravaggio e ne offre una versione tutta sua, ricca di un moderno espressionismo – è questo dipinto, collocato oggi nel convento dei Minori Osservanti a Catanzaro.

I sette martiri vi appaiono ancora prima della tragedia: quando un’ansia di bene li mobilita e Fra Daniele, sereno in mezzo a loro, sembra leggere nel libro delle Sacre Scritture una promessa buona di vita che sarà loro negata, solo in terra, dall’eccidio imminente.

Del dipinto esiste anche una copia posticcia, nel refettorio del Convento di S. Daniele a Belvedere Marittimo.

Santa Giusta (Oristano) – Basilica di Santa Giusta

Retablo (sec. XVI)

Ignoto meridionale del sec. XVI

Il retablo ha, nel mezzo, una statua lignea di S. Antonio col Bambino; e negli scomparti laterali, a sinistra, S. Chiara e S. Daniele, ed a destra, S. Domenico e S. Francesco.

A parte la stilizzazione un po’ generica dei due santi francescani – in cui il tentativo di assegnare loro una valenza fisiognomica, è sublimato in una posa di estatica adorazione della croce – il retablo mostra d’avere una sua pregnanza storica ed artistica; giacché certifica il radicato culto, in Sardegna, della figura di S. Daniele da Belvedere, associato in questo caso ai soggetti capitali della santità domenicana e francescana.

Belvedere Marittimo – Convento dei Cappuccini

S. Daniele – Particolare (1603)

Andrea Molinaro

Una decisa caratterizzazione d’espressione ha, invece, il bel dipinto che fa parte del polittico del Convento dei Cappuccini a Belvedere Marittimo.

Fra Daniele è qui ritratto come un uomo già maturo; con una lunga barba che prolunga il volto scarno e scavato dall’esercizio d’una vita austera. Contempla il crocifisso che stringe tra le mani, assieme a quella palma che ne segnerà il martirio.

E’ forse ancora quel ministro Provinciale del suo Ordine, che medita d’affrontare un’impresa al di sopra delle forze, ma commisurata pure al trionfo della gloria cristiana della Chiesa.

Andrea Molinaro eseguì questo lavoro, dopo essersi distinto già in Napoli con una tavola della “Madonna del Rosario” alla Pietà dei Turchini.

Assisi – Chiesa Nuova

San Daniele e i suoi compagni (1621)

Pittore dei Martiri Francescani

Ad Assisi, nel luogo che fu già la casa paterna di Francesco, sorge la Chiesa Nuova, fatta costruire nel 1615 dai Frati Minori dell’Osservanza.

Nel braccio destro del transetto è la Cappella di S. Antonio, che conserva degli affreschi a monocromo. 

Fra cui questo “Martirio dei francescani a Ceuta”, che riprende in modo audace, con un punto di vista ribassato, l’azione esagitata della strage.

L’anonimo Pittore dei Martiri Francescani è stato riconosciuto, di recente, in Vittorio Giorgetti, un tardo-manierista d’influsso baroccesco che s’affiancò a Cesare Sermei nel ciclo di lavori ad affresco della chiesa.

sd_025

Bisignano – Chiesa della Riforma

S. Daniele riceve l’annuncio del martirio (Ultimo quarto del ‘600)

Ignoto di Scuola Napoletana del sec. XVII

Per il Barillaro, si tratta di un “pregevole dipinto ad olio su tela, opera di fine ‘600 o degli inizi del ‘700, attribuita alla scuola di Luca Giordano”.

Oltre che per la sua piacevolezza di colori, dispiegata in tonalità che variano trasfuse dal marrone scuro ad un rosa affocato, il dipinto si qualifica per l’originalità d’impostazione iconografica.

Rappresentando, di fatto, S. Daniele – seduto sopra un podio di marmo levigato, mentre è intento ad adorare il crocifisso – che è distolto dalla sua contemplazione dall’arrivo di due angeli. 

Uno di loro, con le vesti ancora smosse dal sopraggiungere impetuoso, fissandolo nel volto gli fa cenno nell’alto a un cherubino, che porta la palma del martirio; mentre una colomba, effigie eterea dello Spirito Santo, irradia un ampio alone che illumina di fuoco la scena della divina rivelazione.

Una luce fredda di realismo si realizza, per contrasto, in primo piano col dettaglio corrusco della spada che reciderà la testa al santo martire.

Terranova da Sibari – Chiesa di S. Antonio

I sette martiri di Ceuta al cospetto del sovrano (Primo quarto del ‘700)

Saverio Ricci (attr.)

Nella chiesa, riccamente decorata di stucchi e d’affreschi eseguiti nel primo ‘700 dal Ricci, si trova, in sagrestia, questa lunetta che ritrae i sette martiri al cospetto del sovrano.

Nello sfondo, il profilo abbacinato della città di Ceuta, che emerge in guglie e cupole lontane.

In primo piano, il viluppo umano dei frati prigionieri: stretti nel solidale tentativo d’impetrare grazia da un sovrano che, assiso sopra un trono coperto da tendaggi, li ascolta diffidente.

Diocesi di Terni – Ubicazione ignota

Martirio di S. Daniele Fasanella e i suoi compagni (Sec. XVIII)

Ignoto di Scuola Umbra del sec. XVIII

In un contesto naturale, che rievoca più un luogo extra moenia di una cittadina umbra che le lande del Marocco, dietro la porta urbica e la torre di vedetta si consuma l’eccidio; mentre due cherubini, guidati da un angelo, su un poggiolo di nubi portano tra le mani un fascio di palme e le corone d’oro del martirio.

Il particolare macabro della testa mozzata, in primo piano, è assorbito dalla calma solenne e tutta classica del sovrano ammantato; che tradisce solo un moto di stupore nel braccio teso ad indicare lo sterminio, intanto che l’altra mano rovista la sua barba.

sd_028

Sassari – Chiesa di S. Maria di Betlem

Tamburo della cupola e Dettaglio della nicchia con statua di S. Daniele (1829-34)

Architetto Frate Antonio Cano

La devozione propria di cui gode S. Daniele in molti luoghi della Sardegna – di cui sarebbe interessante investigare l’origine storico-sociale – trova un punto alto di manifestazione in questa chiesa splendida di Sassari, che è officiata dai frati conventuali. Dove, nell’Ottocento, il Frate Antonio Cano, rivestendo l’edificio di elementi architettonici ispirati al neoclassico ed al rococò, formò nell’alto della cupola una sorta di pantheon di santi francescani, di cui la statua litica di S. Daniele Fasanella forma il principio della serie.

Gonnoscodina

Chiesa di S. Daniele (1831)

E sempre in Sardegna, nel piccolo comune di Gonnoscodina, in provincia di Oristano, S. Daniele è ricordato questa volta nel campo dell’architettura sacra. 

Essendo il titolare d’una chiesa – con impianto a croce greca, molto raro nell’isola – che fu eretta nel 1831 e si corona di una grande cupola che spicca nel verde del borgo cittadino.

Cosenza – Chiesa di S. Francesco d’Assisi

I sette martiri di Ceuta adorano S. Francesco Particolare (1928)

Giovanni Greco

In una sede prestigiosa del culto francescano di Calabria, qual è l’antica chiesa di S. Francesco d’Assisi di Cosenza, si trova infine questa tela del pittore rendese Giovanni Greco, che risale al 1928.

Ultima eco di quella purità, di forme e sentimento –  nell’ingenua impostazione dei sette frati oranti, dall’ovale ingentilito nell’atto d’umiltà – che partendosi fin dal Medioevo giunge ai nostri giorni: per ricordare, nella memoria d’arte, un fatto storico ed una vicenda umana che segnarono la Chiesa e la coscienza dei fedeli.

SAN DANIELE DA BELVEDERE SI FESTEGGIA IL 10 O IL 13 OTTOBRE ?

La Festa di San Daniele e Compagni, Martiri di Ceuta, si festeggia il 10 o il 13 di ottobre?

Perché sul calendario la Festa è il 10 ma a Belvedere San Daniele lo festeggiamo il 13?

Cercherò di rispondere a queste due domande e di fare un po’ di chiarezza.

 

Intanto partiamo dalla data del loro martirio che secondo alcuni autori è avvenuto il 10 ottobre 1227 o, per altri, il 13 del medesimo mese e anno (alcuni autori indicano come anno del martirio il 1221). Possiamo fare tante ipotesi e ragionamenti, ma è proprio questa incertezza sul giorno del martirio, come vedremo alla fine, tirando le somme, che sta alla base della confusione che si è creata sul giorno della loro Festa.

Qui percorreremo in po’ tutte le tappe e vedremo cosa dicono gli autori che hanno trattato l’argomento.

 

Tra i documenti consultati, ve n’è uno, in particolare, del 1794, edito nell’abbazia di Tongerlo (in Belgio) in cui si dice che il popolo, prima che fosse stabilita una data ufficiale, cominciò a celebrare la festa dei Sette Martiri di Ceuta l’8 ottobre.

La notizia è attribuita a un certo San Francesco della Vigna, ma non ci sono spiegazioni sul perché fosse stata scelta quella data.

Non sappiamo nemmeno a partire da quale anno il culto dei Santi Daniele e Compagni iniziò a diffondersi, ma non è difficile capire che la loro missione e il loro sacrificio estremo abbia avuto una vasta eco nell’immediato, dal momento che già nella prima metà del 1300 il loro martirio lo troviamo rappresentato nell’arte della Bottega di Giotto, di Ambrogio Lorenzetti e di Taddeo Gaddi.

E’ all’inizio del XVI secolo, comunque, che i Frati Francescani dell’Ordine dei Minori chiesero al Papa la loro canonizzazione che avvenne, almeno così sostengono alcuni autori,  nel 1516 ad opera di Papa Leone X (1513-1521).

Non so se esiste un qualche documento ufficiale della loro canonizzazione, ma esiste la seguente lettera di Papa Leone X, redatta a Firenze il 22 gennaio 1516 e indirizzata ai Francescani dell’Ordine dei Minori, che riporto integralmente:

Dilectis filiis universi Ordinis Minorum professoribus,

praesertim de Observantia, ubilibet constitutis. Leo Papa X.

Dilecti filii salutem et Apostolicam benedictionem. Ut frugifer Ordo vester frucitibus praetiosis, quos produxit, laetetur; vosque vestrorum exemplo in vocatione, qua vocati estis, robustiores effecti, solum Christum, quem assumpsistis, sequamini, nullaque graviora formidetis pro ipso, auctoritate Apostolica

tenore praesentium, vobis et vestrum cuilibet; ut in ecclesiis domorum vestrarum, publice et solemniter Officium Martyrum de Beatis Daniele, Angelo, Samuele, Donulo, Leone, Nicolao & Hugolino, vestri Ordinis fratribus, qui pro Christi nomine mortem subire et martyrii palmam in Saracenorum partibus consequi meruerunt, sub Officio duplici majori; in die vestro capitulo generali determinanda, annis singulis, etiam in Missis et Litaniis, ac aliis divinis Officiis, prout de aliis Sanctis per Sedem Apostolicam canonizatis, solemniter celebrare et dicere, ac propriam legendam in choro cantare in ecclesiis domorum, tam fraturum, quam monialium, curae vestrae subiectarum dumtaxat, donec per nos, seu successores nostros ad solemnem canonizationem deventum fuerit, libere et licite valeatis, concedimnus: ac omnibus et singulis locorum Ordinariis, aliisque personis, ne desuper vos molestare, aut impedire praefumant, districtius inhibemus. Praeterea, quia difficile esset praesentes litteras ad singula quaeque loca deferri; volumus, ut earum transumptis manu alicujus publici notarii subscriptis, et sigillo vicarii generalis vestri Ordinis munitis, ea prorsus fides adhibeatur, quae praesentibus adhiberetur, si forent exhibitae vel ostensae, Non obstantibus constitutionibus et ordinationibus Apostolicis, ceterisque contrariis quibuseumque.

Datum Florentiae sub annulo Piscatoris die 22 Januarii 1516 Pontificatus nostri anno III.”  

 

Da questa lettera, se diamo per corretta la traduzione al latino in mio possesso, emergerebbe che il Papa concede ai Frati Francescani di celebrare in maniera solenne il culto dei 7 Martiri di Ceuta, fino a quando da parte Sua o dei Suoi successori non sia stata compiuta la loro canonizzazione solenne.

Purtroppo non sappiamo se poi la canonizzazione ufficiale sia avvenuta o meno, sappiamo però che lo stesso Leone X inserì il loro Ufficio nel Breviario Romano con la seguente invocazione chiamandoli Santi:

Dio che ci permetti di celebrare il ricordo dei tuoi Santi Martiri Daniele e Compagni dell’Ordine dei Minori, concedici di godere della loro compagnia nella beatitudine eterna”.

La notizia non è verificabile perché è difficile reperire il “Breviarium Romanum completissimum”, edito a Venezia nel 1522 dove questa preghiera sarebbe contenuta.

Daniele e Compagni, tuttavia, sono riportati e appellati Santi nei Martirologi Romani già a partire da quelli redatti e pubblicati nel XVI secolo e ciò è una conferma indiretta che la  loro canonizzazione è avvenuta nel 1516. 

Molto interessante, inoltre, è che nella predetta lettera il papa lascerebbe ai Francescani la decisione di scegliere il giorno in cui celebrare solennemente la loro Memoria e li autorizza, fino alla loro canonizzazione ufficiale, a celebrare la Festività nelle loro Chiese e Conventi.

Alla luce di ciò, diventa priva di fondamento la notizia, fino ad oggi sostenuta anche su questo sito, che sia stato lo stesso Leone X a stabilire la data del X ottobre come giorno della loro Festività.

 

Sembrerebbe che, in un primo momento, fu stabilito il 10 ottobre come giorno della loro festa, data che alcuni autori sostengono che sia stata confermata nei Capitoli generali dei Frati Minori tenutisi a Rothomagensi (Rouen, Francia) del 1516 e a Burgensi (Burgos, Spagna) del 1523 e ancora in quello di Assisi del 1526.

Ma questa triplice conferma non mi convince molto anche perché un altro autore attribuisce la decisone di spostare la Festa dal 10 al 13 ottobre solo al Capitolo generale di Bordeos o Burgensi del 1523, con queste parole:

La Chiesa Francescana celebra solennemente la loro festa à i 13 per causa dell’ottava, che corre all’hora del Padre Serafico. Leone X gli ascrisse al numero dei SS. Martiri l’anno 1516 e nel medesimo giorno 10 concesse il loro officio, e Messa, che poi la Religione trasferì al tredicesimo, mercè l’accennato impedimento l’anno 1523 nel capitolo general di Bordeos”.

Se è vera la notizia che in un primo momento la data scelta era il 10, subito dopo spostata al 13 perché ricadeva nell’ottava del “dies natalis” di san Francesco, possiamo sostenere che la Festa di Santi Martiri di Ceuta sia stata definitivamente stabilita al 13 ottobre tra il 1516 e il 1523.

Riporto, ora, una serie di brani in cui il 13 viene indicato come giorno della Festa.

 

   1. “Martyrologium Romanum“, pubblicato nel 1583 per volere di papa Gregorio XIII (1572-1585):

Tertio idus Octobris. …Apud Septa in Mauritania Tingitana passio sanctorum septem martyrum ordinis fratru Minoru, Danielis, Samuelis, Angeli, Domni, Leonis, Nicolai & Hugolini…“.

 

   2. “Martirologio Romano”, pubblicato nel 1636 per volere di papa Urbano VIII (1623-1644):

13 di Ottobre. …A Cepta nella Mauritania Tingitana, è il martirio di sette santi Frati Minori, Daniele, Samuele…“.

 

   3. “Biblioteca universale sacro-profana…”, Venezia 1703:

…La loro festa si celebra a 13 d’Ottobre“.

 

   4. “Giardino serafico istorico...”, Venezia 1710:

Ottobre 13. La Festa delli Santi sette Martiri Daniele, & compagni. Doppio di seconda Classe.”

 

   5. “Della Calabria illustrata”, Tomo II, Napoli 1743:

Ottobre XIII. San Daniele Martire Francescano. Questo Santo nato in Belvedere, quivi singolarmente si solenneggia….con ogni maniera d’applauso, e con luminaria, e con Processione, e con isparo di mortaletti, e somiglianti.”

 

   6. “Storia ecclesiastica”, Brescia 1832:

“…Solamente sappiamo che circa trecent’anni dopo, cioè nel 1516, i frati minori ottennero da papa Leone X la permissione di far l’offizio solenne di que’ sette martiri nel nono giorno d’ottobre, e tuttavia il martirologio romano ne fa menzione al tredicesimo dello stesso mese, ch’è quello della lor morte.

 

   7. “Breviarium Romanum”, Roma 1839:

October 13. Danielis et Socior Mart. 1. Ord. dupl. 2 cl.”. “DIE XIII OCTOBRIS. In festo SS. Danielis, et Sociorum Martyrum. Duplex ii. Classis…“.

 

Da questi brani, ricavati direttamente dalle edizioni originali, si evince in maniera inequivocabile che la Festa di San Daniele e Compagni si celebra “da sempre” il 13 ottobre, ma la chiave di lettura definitiva sulla questione di questa data ce la danno gli autori del VI volume di “Acta Sanctorum”, edito nel 1794, che così, sostanzialmente, riepilogano i fatti:

 

i 7 Santi Martiri di Ceuta furono inseriti, per la prima volta, nel Calendario anteposto al Breviario Romano, edito a Venezia nel 1522, ad appena 6 anni dalla concessione del loro culto da parte di papa Leone X, al giorno 13 del mese di ottobre.

Successivamente, nel Martirologio curato dall’abate Francesco Maurolico (Messina 1494-1575) e dato alle stampe nel 1568,  San Daniele e Compagni furono, invece, inseriti al 10 ottobre e così fecero alcuni autori che curarono qualche anno dopo il Martirologio.

Quando, però, papa Gregorio XIII ordinò la nuova revisione del Martirologio (edito a Roma nel 1583) “per un nuovo sistema di calendari e ristabilire la verità della storia Ecclesiastica“, la Festa di San Daniele e Compagni fu definitivamente collocata al 13 di ottobre.

 

Da questo excursus storico si comprende bene, come detto all’inizio, che le ragioni alla base dell’incertezza sul giorno della Festa (che si spera, a questo punto, di aver chiarito in maniera definitiva) sono da ricercare nella stessa incertezza che già nel XVI secolo c’era sul “dies natalis” dei Santi Daniele di Belvedere, Angelo da Castrovillari, Leone da Corigliano, Ugolino da Cerisano, Nicola da Corigliano, Samuele da Castrovillari, Donnolo da Castrovillari (*). 

 

 

Un cenno ora sul decreto di proclamazione a Patrono della città di Belvedere Marittimo.

 

Lo storico locale Vincenzo Nocito riferisce che il 27 settembre 1632 venne delegato padre Antonio Pisciotta dei Frati Minori Conventuali di Corigliano, affinché si recasse a Roma, presso la Santa Sede, per ottenere che San Daniele venisse riconosciuto e dichiarato cittadino e Patrono di Belvedere.

Il Nocito indica l’atto pubblico  “del notaio Giovanni M. De Petrello del 27 settembre 1632, Fol. 95 del protocollo” dove tutto ciò sarebbe attestato.

L’ex parroco don Cono Araugio, nel suo libro “Belloviderii” ritiene, invece, che il plebiscito si sia tenuto nel 1627 e non nel 1632 in quanto il Petrellis, che scrive nel 1631, lo attesta già Patrono della città.

 

(*): il fratello laico Donnolo si ritiene essere originario di Montalcino (SI) dove è venerato come Patrono del quartiere Travaglio.

 

 

Aggiornamento del 16/10/2023

BIBLIOGRAFIA:

“I Martiri di Ceuta”, Ippolito Fortino, Rubbettino Editore, 2006

“La lettera di fra Mariano da Genova a Frate Elia”, in Ceuta, 27 ottobre 1227

“Il Santo di Padova dicerie…”, Roma 1662

“Acta Sanctorum, Octobris”, Tomo VI, Abbazia di Tongerlo 1794

“Martirologio Romano”, Roma 1668

“Memoria e studi sulla città di Belvedere Marittimo”, Vincenzo Nocito, Genova 1950

“Belloviderii”, Cono Araugio, Scalea 2006

“Giardino Serafico…”, Venezia 1710

“Dellla Calabria illustrata”, Tomo II, Giovanni Fiore, Napoli 1743

“Regesto Vaticano per la Calabria”, Vol. III, Francesco Russo, Roma 1980

LA FIERA DI SAN DANIELE E' DETTA ANCHE "FIERA DEL LAGO", PERCHE'?

“Nella Marina di Belvedere ha luogo ogni anno una gran fiera che dura sette giorni a pricipiare dal giorno 13 ottobre, dì festivo del Santo Martire Daniele, la cui statua è portata in processione fino al lido del mare con pompa solenne. E’ detta comunemente fiera del Lago o di S.Daniele”

[da “Memorie e Studi sulla città di Belvedere Marittimo” di Vincenzo Nocito, opera pubblicata nel 1950]

Perché è detta fiera del Lago ?

Il Nocito attribuisce questa denominazone al fatto che Daniele e alcuni suoi compagni fondarono il convento di S.Maria del Soccorso nella contrada “Lago” presso Santo Stefano di Mangone.

Una spiegazione che non mi convince molto perché sembra una motivazione ricercata, aulica, fatta a “tavolino”, a posteriori.

Mi convince di più, invece, la motivazione data dal ricercatore e divulgatore di storia locale Salvatore Fabiano. Il Fabiano propende per una spiegazione “popolare”.

Egli, infatti, pur non scartando del tutto l’ipotesi del Nocito, ritiene che potrebbe esserci anche una spiegazione più semplice e cioè che la fiera è detta del Lago per il luogo dove, un tempo, si teneva e, precisamente, nel tratto di spiaggia che va da Capo Tirone al centro dell’abitato, dove il mare, assumendo la forma di una conca, somiglia, appunto, a un lago.

Io aggiungo che, con molta probabilità, a causa di questa somiglianza, quella spiaggia veniva popolarmente chiamata “Lago”.

 

Aggiornamento del 17/10/2021

CEUTA E DANTE ALIGHIERI

Ceuta viene nominata da Dante Alighieri nella Divina Commedia (Inferno, Canto XXVI, verso 111):

Setta, dal latino Septa è proprio Ceuta.


L’un lito e l’altro vidi infin la Spagna,

fin nel Morrocco, e l’isola de’ Sardi,

e l’altre che quel mare intorno bagna.

Io e’ compagni eravam vecchi e tardi

quando venimmo a quella foce stretta

dov’Ercule segnò li suoi riguardi,

acciò che l’uom più oltre non si metta:

dalla man destra mi lasciai Sibilia,

dall’altra già m’avea lasciata Setta.

CEUTA. Enclave spagnola dal 1580, situata in territorio marocchino. 19 Kmq di superficie; 71.000 abitanti; popolazione spagnola; la religione cattolica è maggioritaria; si parla l’arabo e lo spagnolo, ma la lingua ufficiale è lo spagnolo. Ceuta e Melilla, sono due possedimenti della Spagna in territorio marocchino.

San Daniele è Patrono della città di Ceuta.

Sotto foto della locandina della festa patronale che si tiene in Ceuta in suo onore, una sua veduta (tratta dal sito www.ciceuta.esAltro sito su Ceuta: www.ceuta.com) e la sua posizione geografica.

ARGENTINA. A partire dal 13 ottobre del 1987 a Buenos Aires (Argentina) un gruppo di belvederesi celebra la festa in onore di San Daniele. Qui, a fianco, una foto della chiesetta di Buenos Aires dedicata al santo.

ARGENTINA. 5/11/2000 14-esima festa patronale d’Argentina in onore di S.Daniele.

Sotto, 6 momenti della festa che si tiene a Buenos Aires in onore di S.Daniele. [Foto tratte da video gentilmente concesso dallo studio fotografico di Buenos Aires “FOTO ALY”]

BRANI

“…In quest’anno 1226, nel mese di dicembre, dalla Calabria, mia nativa provincia, venne a Firenze da Frate Elia, vicario generale, il Ministro Provinciale con sei altri compagni per chiedergli il permesso di confutare la setta maomettana. I loro nomi sono questi: Frate Daniele Fasanelli di Belvedere nella regione occidentale…”

(dalla relazione del frate fiorentino che ebbe un colloquio con i 7 frati prima della loro partenza).

——

 

“…Il giorno 26 settembre vennero in questa città di Ceuta tre frati nostri… di cui uno, chiamato Daniele della città di Belvedere, era provinciale…”

(dalla relazione di frate Mariano da Genova del 1227).

——

 

“Da questo castello (Belvedere) v’è fama essere stato nativo cittadino S.Daniele martire monaco del nostro ordine de’ minori…”

(Girolamo Mariafoti in “Croniche et antichità di Calabria” del 1601).

——

“…E singolarmente accresce la gloria (di Belvedere) la nascita del glorioso Martire S.Daniele della famiglia Fajanella…”

(Giovanni Fiore in “Della Calabria illustrata” del 1691)

——

Giovanni Fiore, nell’opera già citata, riferisce che il Breviario Braccarense e Minoritano, il Martirologio dei Francescani, Lorenzo Surio, Cesare Baroniò, Giovanni Molano, Luca Guadingo, Paolo Gualtiero ed altri, sostengono che il martirio sia avvenuto il 12 ottobre del 1221.

Ritengono che il martirio sia avvenuto, invece, nel 1227 S.Antonino, Marco di Lisbona, Ridolfo Tossignani, Mariano e qualche altro.

Riferisce, inoltre: “…I martirizzati corpi rubati da Mercadanti Genovesi, e Pisani, l’ebbe il RE di Portogallo, condotti in Lisbona con gran pompa,….Ma oggidì li Beati Corpi di S.Daniello, e di S.Angiolo riposano in Belvedere, mandativi dal Cardinal d’Aragona.”

CONVENTO DELLA RIFORMA – BISIGNANO (CS) – XIII secolo

Su un prezioso organo in legno di questo convento si legge la scritta “Maurus Gallo 1756”. Sulle porte dell’organo sono dipinti la SS. Vergine Immacolata e San Daniele Fasanella Martire.

A lato, dipinto raffigurante il Martirio di San Daniele avvenuto in Marocco nel 1227 (è posto su uno degli altari laterali del convento)

IL CULTO DI S.DANIELE è diffuso anche in Sardegna. Nel paesino di Gonnoscodina (Oristano) nei giorni 12 e 13 ottobre si festeggia solennemente S.Daniele come santo patrono ed ivi è una chiesa a lui dedicata.

San Daniele è venerato anche in Asuni (Oristano), Villaurbana (Oristano), Busachi (Oristano), Orani (Nuoro), Lanusei (Nuoro), Ozieri (Sassari).

In un convento dei frati minori di Cagliari è conservata una statua ed un quadro raffigurante il nostro santo

BIBLIOGRAFIA

Tra i testi che riportano notizie su San Daniele da Belvedere, sono da citare i seguenti:

1) “NOTIZIE BIOGRAFICHE DI S.DANIELE, martire francescano da Belvedere Marittimo”, Vincenzo Nocito, Cosenza 1927

2) “CRONICHE ET ANTICHITA’ DI CALABRIA”, Girolamo Marafioti, Padova 1601

3) “DELLA CALABRIA ILLUSTRATA”, Giovanni Fiore, tomo I e tomo II, Napoli 1691

4) “SANTUARIO-CONVENTO DI S.DANIELE DA BELVEDERE MARITTIMO”, Umberto Iaconangelo, Cosenza 1964

5) “GAB. BARRIUS FRANCICANUS DE ANTIQUITATE ET SITU CALABRIAE”, Gabriele Barrio, Roma 1571

5) “BELVEDERE MARITTIMO”, Giuseppe Grisolia, Decollatura (CZ) 1980

6) “PANTOLOGIA CALABRA”, Elia De Amato, Napoli 1725